venerdì 22 gennaio 2016

Da Levanto a Vernazza

Il secondo giorno ci svegliamo di buon mattino e il bravo Giovanni ci prepara un’ottima colazione a base di brioches, marmellata fatta in casa e…focaccia di Recco!!! Appena sfornata, strepitosa.
La brutta sorpresa arriva quando ci accorgiamo di aver preso la multa per divieto di sosta a San Rocco; la Polizia Locale – implacabile – alle 8.30 di domenica mattina era già lì a fare cassa. Quante gliene ho tirate. Ma fa niente, mi faccio passare il cattivo umore e prendiamo la strada per Levanto dove ci attendono 4 nuove partecipanti: Renata, Daniela, Elisabetta e Selene.


 Il punto d’incontro a Levanto sono i bagni del Casinò, storico edificio della bourgeoisie che a inizio ‘900 affollava questo rinomato borgo turistico. Partiamo costeggiando Villa Agnelli, a picco sul mare blu, e subito ci accorgiamo che il percorso è parecchio affollato, complice la bella giornata e il fatto che sia domenica: praticamente siamo imbottigliati nel traffico di escursionisti, tra cui un folto gruppo del CAI di Novara.  


Il sentiero sale a ripidi gradoni costeggiando il castello, risalente al XII secolo e appartenuto prima ai Malaspina e poi ai Genovesi, e inoltrandosi in fitti lecceti; dopo circa mezzora di salita gli alberi si diradano e si apre una vista unica sul mare: lo sguardo spazia da Capo Mele fino al Tirreno. Con grande gioia scorgo Gorgona, Capraia e dietro, nitida seppur lontana, la Corsica con il caratteristico capo Corso e l’isolotto della Giraglia, un tòpos evocativo per tutti i velisti. Lo sguardo corre ancora più a sud fino a scorgere la sagoma – indistinta eppur presente - dell’Elba, a oltre 100 miglia di distanza.



Il sentiero prosegue tra saliscendi e visioni spettacolari del mare blu sotto la Costa del Semaforo e all’ora di pranzo siamo a Punta Mesco. Ci facciamo strada tra le frotte di gitanti e ci ritagliamo un angolo di paradiso a picco sul mare. Qui mangiamo e ammiriamo lo spettacolo che ci circonda: finalmente appare anche la costa delle Cinque Terre che si dirama tra insenature e punte fino all’aculeo di Portovenere e delle isole di Palmaria, Tino e Tinetto.


Dopo esserci pasciuti del lauto picnic scendiamo la lunga e provante scalinata che conduce a Monterosso, la prima delle Cinque Terre; qui il gruppo si divide: alcuni, un po’ stanchi, si fermano e si godono il sole del pomeriggio, gli altri proseguono lungo la passeggiata lungomare e attaccano il sentiero che tra terrazzamenti a vite e ulivi risale verso Vernazza.



Il pomeriggio avanza inesorabile e la luce si fa sempre più calda e avvolgente; superato un ponte medievale di pietra arriviamo all’apice della salita e, affacciati a una bastionata, scorgiamo la turrita Vernazza con la sua piccola insenatura. 


È il momento topico: ci riempiamo gli occhi del sole che lentamente cala sul mare e lo incendia in un parossismo di luce. E poi di colpo tutto è finito: scende la sera e il cielo si scurisce. Le gambe stanche desiderano arrivare a destinazione, il corpo vuole scaldarsi e ripararsi dal vento di gennaio e l’animo chiede di bere un buon bicchiere di vino.



Arriviamo nella piazzetta di Vernazza, popolata da pochi sparuti turisti, e dopo esserci rinfrancati con vino e focaccia, riprendiamo il treno verso casa. 

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