lunedì 25 gennaio 2016

Dio, Darwin, l'omosessualità e il "perdersi"

Oggi vorrei dare uno spunto “letterario” a chi avrà la voglia e la pazienza di seguirmi.
In questi giorni si fa un gran parlare di unioni civili, di diritti degli omosessuali, di famiglia, di sentinelle in piedi, di deviazioni sessuali.

Cito un libro che sto leggendo e che, per quanto lo stia leggendo a spizzichi e bocconi nel poco tempo libero, mi sta regalando molti spunti di riflessione:  “La vocazione di perdersi” di Franco Michieli, eminente esploratore e camminatore.
“Se per la nostra crescita è così utile perdere la strada, o andare per una via ignota – anche se non tutti lo apprezzano – dipende da un dato di fatto universale, cioè che l’evoluzione della vita si fonda sulle deviazioni: la natura stessa usa l’errore per generare la meravigliosa varietà dei viventi e la biodiversità. Sul nostro pianeta non ci sarebbero che batteri primordiali se un certo numero dei processi di duplicazione del DNA delle cellule non “perdesse” la strada con errori di replica e smarrimento di una parte di eredità, mettendo in atto una mutazione. Per quanto ne sappiamo le mutazioni avvengono a caso, e infatti, in percentuale, quasi nessuna dà vita a organismi adatti a sopravvivere. Eppure alcune, tra miliardi di mutazioni che si succedono nei milioni di anni, si rivelano vincenti e producono corredi genetici nuovi, adatti a particolari condizioni ambientali: sono quelli di tutti gli esseri viventi, che non finiscono di stupire per adattamento agli habitat più diversi, per complessità dei comportamenti, per raffinatezza della sensibilità, fino alle capacità di coscienza e di reciproca solidarietà. Secondo questo meccanismo – l’evoluzione delle specie per selezione naturale – è l’ambiente  che, tra innumerevoli possibili organismi, seleziona quelli adatti e non lascia spazio ad altri.”

Probabilmente Michieli mentre scriveva queste parole non si riferiva al tema dell’omosessualità ma stamattina leggendo queste parole ho trovato che calzassero alla perfezione al tema sopracitato.
Una doverosa premessa è che per condividere queste parole e applicarle al tema dell’omosessualità bisogna essere evoluzionisti e non creazionisti e quindi credere nella teoria contenuta ne L’origine delle specie altrimenti tutto il castello teorico crolla. Michieli, ottimisticamente, considera un dato di fatto “universale” il concetto di evoluzione fondata sulle deviazioni. E qui bisognerebbe contarsi e capire chi crede in Darwin e chi crede in Dio (la maiuscola è per la par condicio).

Assumendo, come affermano tanti, che l’omosessualità sia una deviazione (non è il mio pensiero: per me l’omosessualità è una scelta dettata dal libero arbitrio sulla base di una pulsione fisica e mentale) si evince che non tutte le strade portano a Roma (intesa come Vaticano) o meglio che non tutte le deviazioni portano a perdersi, dove il perdersi è inteso in senso etico e filosofico. Con un salto logico si arriva al punto: la deviazione - o devianza – sessuale (se così vogliamo considerarla) porterebbe l’uomo ad arricchire la “complessità dei comportamenti, la raffinatezza della sensibilità, fino alle capacità di coscienza e di reciproca solidarietà”.

Il dibattito è lungo e ancora aperto.



venerdì 22 gennaio 2016

Da Levanto a Vernazza

Il secondo giorno ci svegliamo di buon mattino e il bravo Giovanni ci prepara un’ottima colazione a base di brioches, marmellata fatta in casa e…focaccia di Recco!!! Appena sfornata, strepitosa.
La brutta sorpresa arriva quando ci accorgiamo di aver preso la multa per divieto di sosta a San Rocco; la Polizia Locale – implacabile – alle 8.30 di domenica mattina era già lì a fare cassa. Quante gliene ho tirate. Ma fa niente, mi faccio passare il cattivo umore e prendiamo la strada per Levanto dove ci attendono 4 nuove partecipanti: Renata, Daniela, Elisabetta e Selene.


 Il punto d’incontro a Levanto sono i bagni del Casinò, storico edificio della bourgeoisie che a inizio ‘900 affollava questo rinomato borgo turistico. Partiamo costeggiando Villa Agnelli, a picco sul mare blu, e subito ci accorgiamo che il percorso è parecchio affollato, complice la bella giornata e il fatto che sia domenica: praticamente siamo imbottigliati nel traffico di escursionisti, tra cui un folto gruppo del CAI di Novara.  


Il sentiero sale a ripidi gradoni costeggiando il castello, risalente al XII secolo e appartenuto prima ai Malaspina e poi ai Genovesi, e inoltrandosi in fitti lecceti; dopo circa mezzora di salita gli alberi si diradano e si apre una vista unica sul mare: lo sguardo spazia da Capo Mele fino al Tirreno. Con grande gioia scorgo Gorgona, Capraia e dietro, nitida seppur lontana, la Corsica con il caratteristico capo Corso e l’isolotto della Giraglia, un tòpos evocativo per tutti i velisti. Lo sguardo corre ancora più a sud fino a scorgere la sagoma – indistinta eppur presente - dell’Elba, a oltre 100 miglia di distanza.



Il sentiero prosegue tra saliscendi e visioni spettacolari del mare blu sotto la Costa del Semaforo e all’ora di pranzo siamo a Punta Mesco. Ci facciamo strada tra le frotte di gitanti e ci ritagliamo un angolo di paradiso a picco sul mare. Qui mangiamo e ammiriamo lo spettacolo che ci circonda: finalmente appare anche la costa delle Cinque Terre che si dirama tra insenature e punte fino all’aculeo di Portovenere e delle isole di Palmaria, Tino e Tinetto.


Dopo esserci pasciuti del lauto picnic scendiamo la lunga e provante scalinata che conduce a Monterosso, la prima delle Cinque Terre; qui il gruppo si divide: alcuni, un po’ stanchi, si fermano e si godono il sole del pomeriggio, gli altri proseguono lungo la passeggiata lungomare e attaccano il sentiero che tra terrazzamenti a vite e ulivi risale verso Vernazza.



Il pomeriggio avanza inesorabile e la luce si fa sempre più calda e avvolgente; superato un ponte medievale di pietra arriviamo all’apice della salita e, affacciati a una bastionata, scorgiamo la turrita Vernazza con la sua piccola insenatura. 


È il momento topico: ci riempiamo gli occhi del sole che lentamente cala sul mare e lo incendia in un parossismo di luce. E poi di colpo tutto è finito: scende la sera e il cielo si scurisce. Le gambe stanche desiderano arrivare a destinazione, il corpo vuole scaldarsi e ripararsi dal vento di gennaio e l’animo chiede di bere un buon bicchiere di vino.



Arriviamo nella piazzetta di Vernazza, popolata da pochi sparuti turisti, e dopo esserci rinfrancati con vino e focaccia, riprendiamo il treno verso casa. 

lunedì 18 gennaio 2016

Il monte di Portofino

Ho organizzato due giorni di trekking con Mondovela e il gruppo di Sogni in Cammino. Il primo giorno siamo in 7 e arriviamo a San Rocco di Camogli di prima mattina, galvanizzati dalla belle giornata e dal cielo terso senza nuvole.



Dopo aver riempito le borracce e diviso i panini partiamo in salita tra boschi di castagni verso Sella Gaixella per congiungerci al sentiero principale che attraversa il monte; da qui lungo un sentiero a tornanti ascendiamo fino al Semaforo Nuovo (m. 610), il punto più alto del Monte di Portofino. Poi una breve discesa ci porta a Semaforo Nuovo, uno dei punti più panoramici dell’intero Parco Naturale: la vista spazia da Capo Mele sulla riviera di Ponente fino alle isole di Capraia e Gorgona, davanti a Livorno.


Riprendiamo il cammino fino a Pietre Strette dove convergono molti sentieri del Parco Naturale. Qui ci fermiamo per il pic nic e sperimento il prosecco nel calice d’arancia, una chiccheria inventata da Marco, il sosia di Anthony Hopkins, che ha deciso di camminare con me.




Il sentiero prosegue in discesa fino a Base 0, così chiamata perché fu sede di postazioni militari nella Seconda Guerra Mondiale; da qui alcuni gradini in pietra portano a un belvedere a picco sul mare dove si apre una vista incredibile che abbraccia tutto il golfo di Genova.


Risaliamo nel bosco di lecci, corbezzoli e mirto fino alle prime case sopra il golfo di Portofino; in basso il piccolo anfratto naturale, il cui nome in età romana era Portus Delphinii,a causa dei molti delfini presenti nel golfo del Tigullio.
Arriviamo al calar del sole nella celebre Piazzetta: un vento freddo di tramontana scende dalle colline e decidiamo di non fermarci ma di prendere l’autobus per Santa Margherita e Ruta.




Torniamo verso Camogli e prendiamo possesso del nostro alloggio al BBQ Lodge di Giovanni, una splendida villa settecentesca appena dentro il parco di Portofino, adattata a charmant B&B. Il luogo è silenzioso, l’arredamento è curato, Giovanni si fa in quattro per noi e la sera ceniamo a “Tucc e Leva”, buon ristorante di cucina genovese a San Rocco.


lunedì 4 gennaio 2016

Il Monte di Portofino e le Cinque Terre (16-17 gennaio 2016)



Due giorni di trekking alla scoperta del Parco di Portofino e delle Cinque Terre, un cammino tra cielo e mare, sopra terrazze coltivate e uliveti, tra borghi marinari vissuti fuori stagione e assaporati nella loro autenticità.


Programma

Sabato 16

San Rocco – Portofino – Paraggi – Santa Margherita

Arrivo da Milano (o altro luogo di provenienza) a San Rocco di Camogli. Partenza verso il Monte di Portofino, la vetta più alta dell’intero promontorio; da qui nelle belle giornate invernali si gode di uno splendido panorama sul mare e sulla riviera di Levante.
Discesa verso Pietre Strette. Pranzo al sacco.
Si prosegue verso Portofino dove si arriva alla celebre Piazzetta. Qui c’è l’opzione di prendere l’autobus che porta a Santa Margherita. L’escursione prosegue lungo la costa verso l’incantevole spiaggia di Paraggi e da qui fino a Santa Margherita dove si prende il treno per Camogli. Dalla stazione di Camogli si risale fino a San Rocco e al B&B.
Cena libera.



Km: ca. 14
Tempo di percorrenza: ca. 5 h. 30’
Difficoltà: media



Domenica 17

Levanto – Monterosso - Vernazza

Arrivo a Levanto e inizio dell’escursione. Si sale costeggiando i giardini di Villa Agnelli e si percorre il sentiero Verdeazzurro verso la Costa del Semaforo, a strapiombo sul mare. Si entra nel Parco nazionale delle Cinque Terre fino a raggiungere i ruderi dell’eremo di Sant’Antonio del Mesco. Pranzo al sacco.
Discesa a Monterosso e visita del grazioso borgo, il primo delle Cinque Terre.
Si percorre la passeggiata a mare fino a riprendere il sentiero che conduce a Vernazza. Da Vernazza si prende il treno che ci riporta a Levanto dove riprendiamo le auto..


Km: ca. 10
Tempo di percorrenza: ca. 4 h.
Difficoltà: media



Attrezzatura

Si specifica di portare i seguenti oggetti:
-          zaino leggero (max 20 l.)  
-          1 borraccia o camel bag per l'acqua
-          felpa/pile + giacca antivento
-          kway/mantella antipioggia
-          coprizaino antipioggia
-          bastoncini telescopici
-          calzini tecnici di spugna o calze di lana
-          occhiali da sole
-          cappello e guanti di lana
-          scarpe da trekking*

*le scarpe da trekking possibilmente devono essere già state utilizzate; si può scegliere di utilizzare una scarpa alta che fascia la caviglia e limita le storte oppure una scarpa bassa più leggera ma altrettanto performante su ogni tipo di terreno.

Per informazioni potete contattarmi via mail: stefanomazzotti@hotmail.com oppure telefonicamente al 348-9793659