Il secondo giorno ci svegliamo di
buon mattino e il bravo Giovanni ci prepara un’ottima colazione a base di
brioches, marmellata fatta in casa e…focaccia di Recco!!! Appena sfornata, strepitosa.
La brutta sorpresa arriva quando
ci accorgiamo di aver preso la multa per divieto di sosta a San Rocco; la
Polizia Locale – implacabile – alle 8.30 di domenica mattina era già lì a fare
cassa. Quante gliene ho tirate. Ma fa niente, mi faccio passare il cattivo
umore e prendiamo la strada per Levanto dove ci attendono 4 nuove partecipanti:
Renata, Daniela, Elisabetta e Selene.
Il sentiero sale a ripidi gradoni
costeggiando il castello, risalente al XII secolo e appartenuto prima ai
Malaspina e poi ai Genovesi, e inoltrandosi in fitti lecceti; dopo circa
mezzora di salita gli alberi si diradano e si apre una vista unica sul mare: lo
sguardo spazia da Capo Mele fino al Tirreno. Con grande gioia scorgo Gorgona, Capraia
e dietro, nitida seppur lontana, la Corsica con il caratteristico capo Corso e
l’isolotto della Giraglia, un tòpos evocativo per tutti i velisti. Lo sguardo
corre ancora più a sud fino a scorgere la sagoma – indistinta eppur presente - dell’Elba,
a oltre 100 miglia di distanza.
Il sentiero prosegue tra
saliscendi e visioni spettacolari del mare blu sotto la Costa del Semaforo e
all’ora di pranzo siamo a Punta Mesco. Ci facciamo strada tra le frotte di
gitanti e ci ritagliamo un angolo di paradiso a picco sul mare. Qui mangiamo e
ammiriamo lo spettacolo che ci circonda: finalmente appare anche la costa delle
Cinque Terre che si dirama tra insenature e punte fino all’aculeo di
Portovenere e delle isole di Palmaria, Tino e Tinetto.
Dopo esserci pasciuti del lauto
picnic scendiamo la lunga e provante scalinata che conduce a Monterosso, la
prima delle Cinque Terre; qui il gruppo si divide: alcuni, un po’ stanchi, si
fermano e si godono il sole del pomeriggio, gli altri proseguono lungo la
passeggiata lungomare e attaccano il sentiero che tra terrazzamenti a vite e
ulivi risale verso Vernazza.
Il pomeriggio avanza inesorabile
e la luce si fa sempre più calda e avvolgente; superato un ponte medievale di
pietra arriviamo all’apice della salita e, affacciati a una bastionata, scorgiamo
la turrita Vernazza con la sua piccola insenatura.
È il momento topico: ci
riempiamo gli occhi del sole che lentamente cala sul mare e lo incendia in un
parossismo di luce. E poi di colpo tutto è finito: scende la sera e il cielo si
scurisce. Le gambe stanche desiderano arrivare a destinazione, il corpo vuole
scaldarsi e ripararsi dal vento di gennaio e l’animo chiede di bere un buon
bicchiere di vino.
Arriviamo nella piazzetta di
Vernazza, popolata da pochi sparuti turisti, e dopo esserci rinfrancati con
vino e focaccia, riprendiamo il treno verso casa.
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