sabato 8 marzo 2008

Circo India

L`India non e` un paese ma un circo: per capirlo e` sufficiente percorrere qualche chilometro su una strada Indiana. Noi ne abbiamo percorsi 400 in due giorni; essendo la velocita` media di 50 all`ora, oltre a metterci un sacco di tempo hai anche modo di vedere un mucchio di cose. La strada e` la vita, tutto si consuma ai suoi bordi.








Miseria, fango, sporcizia, negozi, bambini che giocano a piedi scalzi nella spazzatura, mucche che brucano non si sa cosa. Il viaggio per Agra e` lungo ma comodo, molto diverso da quelli che mi e` capitato di fare in passato, a bordo di scomodissimi autobus: qui sono su un'auto, con autista e aria condizionata.

Il bravo Sanjay e` miracoloso nell`evitare scontri con qualsiasi oggetto semovente; per capire com`e` fatta un`autostrada indiana e` sufficiente pensare alla Milano-Como, senza svincoli, con mucche, incantatori di serpenti, persone e carretti che attraversano in continuazione, carri trainati da biciclette, camion in contromano e tuctuc in corsia di sorpasso che improvvisamente svoltano dalla parte opposta a quella che uno si immagina.




Agra, finalmente. Una delle citta` piu` inquinate, sporche e caotiche del mondo, sede di alcuni monumenti fantasmagorici; tra essi la perla dell`India, il suo simbolo, il Taj Mahal, il monumento all`amore fatto costruire da un imperatore Moghul per la moglie morta. A differenza dell`altra volta non c`e` nebbia e posso godere della splendida vista della bianca cupola di marmo e dei finissimi intarsi di lapislazzuli e madreperla che, secondo il volere di Allah, raffigurano solo e solamente motivi floreali e geometrici.



E` sabato e anche i turisti indiani affollano il Taj Mahal: donne con sari colorati, bambini dagli occhi grandi, scolaresche di ragazzine in uniforme (golf blu, gonna bianca svolazzante, calzino su infradito a fare una specie di piede di cammello) rendono vivo questo monumento e ne formano il contesto.
L`India, me ne rendo conto sempre di piu`, è soprattutto la sua gente, il continuo rumore della vita che non si interrompe mai, l`impossibilita` della solitudine, i clacson suonati insistentemente, di continuo e senza motivo apparente.
Però, improvvisamente, si possono aprire attimi di silenzio, solitudine e meditazione.

Pranziamo sulla terrazza di una guesthouse e io, a differenza dei miei schifiltosi (o prudenti) compagni di viaggio che hanno preso pollo grigliato oppure nulla, mi sparo un favoloso pollo mughlai (con salsa piccante) e una birra fresca. Il pomeriggio passa in fretta, visitando il Red Fort, poi cena e a letto che domani ci attende Fatepuhr Sikri, la citta` fantasma, il gioiello dell`imperatore Akbar.
Fatepuhr Sikri e` costruita su una collina, a
40 chilometri da Agra; è domenica e tira un vento maledetto che solleva la polvere e fa lacrimare gli occhi. Ciononostante l`ingresso e` magico: una serie di gradoni portano al grande arco dietro al quale sta una spianata, dominata da una moschea candida con finissimi intagli in marmo che riflettono gocce di luce e scaglie di madreperla che brillano nella penombra.


Anche il resto della città è suggestivo: nel silenzio si levano palazzi di arenaria rossa che non è difficile immaginare vestiti del brusio della corte, di centinaia di concubine che si lavano nelle enormi vasche, di stallieri e cammellieri (ed elefantieri?) che curano i purosangue dell'imperatore.
Il
pomeriggio scorre via e siamo sulla strada del ritorno per Delhi: altre 4 ore, passando su strette stradine, in mezzo a villaggi situati al di fuori del tempo.


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